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stretto il braccio come per ammonirlo tacitamente di stare in guardia. Don Clemente, arrossendo molto, si spiegò. Aveva veduta la signorina a Santa Scolastica insieme a un’altra persona. Quel moto era stato involontario. L’altra persona era lontana.

«Non ci rivedremo» diss’egli «perchè appena ti avrò mandato il cibo e avrò avvertite queste persone, dovrò partire per Santa Scolastica.»

Benedetto, parlando di andare a Subiaco o altrove, aveva detto «forse questo, forse altro» con un accento così pregno di sottintesi, che don Clemente, nel congedarsi, gli sussurrò:

«Pensi a Roma?»

Invece di rispondere, Benedetto gli prese dolcemente di mano il fardello dov’era la povera tonaca concessa e ritolta, se l’accostò, non senza un tremito delle mani, alle labbra, ve le impresse, ve le tenne lungamente.

Era il rimpianto dei giorni di pace, di lavoro, di preghiera, di parola evangelica? Era l’attesa di un’ora lucente nell’avvenire?

Rese il fardello al Maestro.

«Addio» diss’egli.

Don Clemente uscì a precipizio.


La stanza offerta dal padrone di casa per le udienze di Benedetto aveva un grande canapè, un