Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
238 | capitolo quinto |
turbata la mente; il cuore non glielo avevano toccato mai. E ora perchè? Come? Cos’aveva detto, infine, quell’uomo macilento? Oh ma lo sguardo, ma la voce, ma… Che altro? Qualche altra cosa, impossibile a comprendere. Un presentimento, forse. Quale? Ma! Chi sa? Un presentimento di qualche futuro legame fra quell’uomo e lei. Lo aveva seguito, era entrata in chiesa per non perdere l’occasione di parlargli e adesso ne aveva quasi paura. Parlargli di Jeanne, poi anche. Jeanne, lo aveva ella compreso? Come mai aveva potuto Jeanne, amandolo, resistere alla corrente di pensiero superiore ch’era in lui, che forse a quel tempo sarà stata latente ma che una Jeanne doveva pur sentire? Cos’aveva ella amato? L’uomo inferiore? Se gli parlasse, non gli parlerebbe solamente di Jeanne, gli parlerebbe di religione, pure. Gli domanderebbe quale fosse la sua, proprio. E poi, s’egli le rispondesse una cosa sciocca, una cosa volgare? Per questo aveva quasi paura di parlargli.
Una folata di pioggia battè dalle invetriate rotte di una finestra sul pavimento. Noemi pensò che mai più non avrebbe dimenticato quell’ora, quella grande chiesa vuota, quell’oscuro cielo, quel colpo di pioggia entrato come un colpo di pianto, il naufrago del mondo assorto sui gradini dell’altare maggiore, Dio sa in quali sublimi pensieri, e nep-