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restiera se potesse dirgli niente di quel giovine ammalato di Arcinazzo ch’era stato portato in chiesa la mattina, quando il sagrestano ci aveva veduta anche lei. E soggiunse che ne domandava perchè aveva l’ordine di aspettare l’arciprete che sarebbe venuto per portargli il Viatico. Noemi sapeva che l’uomo di Arcinazzo era moribondo ma non più di così.

«Ho capito» disse il sagrestano, forte, con intenzione. «Non vorrà saperne di Cristo. Questi sono i belli miracoli! Sia benedetto Iddio per i tuoni e i fulmini che altrimenti ci portavan qui la ragazza!»

E ritornò a sedere, a sonnecchiare sul suo gradino.

Noemi non sapeva levare gli occhi da Benedetto. Non era un proprio e vero fascino nè il sentimento appassionato della giovine maestra. Lo vide vacillare, poggiar le mani ai gradini e poi voltarsi, stentatamente, a sedere, nè si domandò se soffrisse. Guardava lui ma più assorta in sè che in lui, assorta in un mutamento progressivo del proprio interno che la veniva facendo diversa, non riconoscibile a se stessa, in un senso ancora confuso e cieco di una verità immensa che le si venisse comunicando per vie misteriose, che le torcesse con sofferenza intime fibre del cuore. I ragionamenti religiosi di suo cognato potevano averle