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228 | capitolo quinto |
anche tu, forse te ne ricordi. Piangi piangi così abbandonato sul seno del Padre che ti chiama, che ti vuole perdonare, che vuol dimenticare tutto. Ora verrà il sacerdote e tu glielo dirai, il male che forse hai fatto, così come ricordi, senza angoscia. E poi, sai chi verrà da te nel mistero? Sai che amore, caro, sai che pietà, sai che gioia, sai che vita?»
Lottando con le ombre della morte, figgendo in Benedetto gli occhi vitrei, lucenti di un desiderio intenso e del terrore di non poterlo esprimere, il povero giovine che aveva inteso male il discorso di Benedetto, credendo di doversi confessare a lui, cominciò a dire i suoi peccati. La madre che durante il discorso di Benedetto, buttatasi ginocchioni alla parete di roccia vi teneva le labbra sulla croce aspettando il compimento del miracolo, scattò, al suono strano di quella voce, in piedi, balzò al letto, comprese, gittò un grido disperato con le mani al cielo, mentre Benedetto, atterrito, esclamava: «no, caro, non a me, non a me!» Ma l’infermo non intese, gli cinse con un braccio il collo, lo raccolse a sè, continuò la sua confessione ambasciata, ripetendo Benedetto: «Dio mio! Dio mio!» nello sforzo di non udire, nè avendo cuore di strapparsi dal morente. Non udì infatti nè udire era facile, tanto rade, rotte e torbide venivano le parole. E non si vedeva arrivare