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216 | capitolo quinto |
santo e se a Jenne vi è gente che dice altre cose è gente degna di bruciare nel fondo dell’inferno. Padre, noi Le baciamo le mani ma diciamo questo.»
«C’è un ammalato, ancora! C’è un ammalato, ancora!» gridarono dieci, venti voci. «Venga il Santo!»
Dal gruppo degli studenti, alla retroguardia, si gridò: «avanti il Santo! Il Santo parli!»
«O che modo è questo?» fece il vecchio volgendosi addietro con dispetto, da spodestato oratore del popolo. «Che modo è questo?»
Un subisso di voci sdegnose coperse la sua, gridando gli studenti sempre più forte:
«Venga il Santo! Parli il Santo! Via il prete! Via!»
Le donne si voltarono minacciose:
«Via voi, via!»
E in alto, dalle stamberghe appollaiate sulla rovina, sbucarono i pennacchi dei carabinieri. Allora Benedetto si alzò, uscì allo scoperto.
Appena fu veduto, un gran clamore di gioia lo accolse. I Selva si fecero sulla porta della caverna a guardare in giù, Noemi scese di corsa. Benedetto si trovò attorniato in un lampo da gente che gli baciava la tonaca benedicendo. Molti, ginocchioni, piangevano. Noemi, ch’era discesa sola dietro gli studenti, si slanciò avanti, vide finalmente l’uomo.
Jeanne le ne aveva mostrate più fotografie, di-