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214 | capitolo quinto |
parlavano di far gran cose. E voi? Noi si sa che lui non vole andare. E poi… Le compagne gridano qualche cosa dal di dentro, la donna si volta, succede un litigio, i due Selva e gli studenti entrano a vedere la guarita miracolosamente. Noemi rimane fuori. È impaziente di vedere Benedetto, palpita, non ne comprende il perchè, si chiama stupida nel suo cuore; ma non si muove.
Due tonache benedettine venivano per i campicelli del basso, da lontano. Sopra la seconda lampeggiava tratto tratto un ferro di falce. Udito piombar dall’alto lo scroscio delle voci e dei passi, Benedetto disse al suo compagno con un sorriso: «Padre mio.»
Don Clemente, appena arrivato a Jenne, aveva raggiunto Benedetto sul praticello che stava falciando, gli aveva recato il messaggio doloroso e promesso, dopo un lungo colloquio, di tenere a chi lo chiamava santo certo discorso che Benedetto desiderò. Udì anche lui lo scroscio della folla che scendeva, le grida «il Santo! il Santo!» e quando Benedetto gli ebbe detto sorridendo: «Padre mio!» impallidì, fece un gesto di acquiescenza e passò avanti. Benedetto depose la falce, uscì un poco del sentiero, sedette dietro un masso e un gran melo fiorito, che lo nascondevano ai sopravvegnenti. Don Clemente li affrontò solo.
Al primo vederlo coloro si arrestarono. Più voci