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212 | capitolo quinto |
miti e si faceva ressa per scendere, per vedere. Forse qualche maggior guaio era accaduto agli ammalati, fermi nel sole ardente. Tre studenti scivolarono giù fra le donne levandone grugniti di male parole. Ecco, una donna di Jenne ha detto:
«Portateli dentro, poverini.»
Sì, sì, dentro, dentro! Nella casa del Santo!
La gente si aspetta già il miracolo dalle pareti fra le quali egli vive, dal suolo che preme, dagli arredi pregni della sua santità. Sul letto del Santo! Sul letto del Santo! Si posano delle assicelle sui pietroni smozzicati che salgono alla porta di Benedetto, i due infermi sono tra spinti e portati su da un’ondata. Eccoli stesi per traverso sul giaciglio del Santo. L’ondata empie la caverna. Tutti cadono ginocchioni, a pregare.
È caverna veramente. Un fianco intero n’è parete giallastra di roccia, tagliata per isghembo. Si cammina sulla terra nuda, mal calcata. Accanto al giaciglio, alto due palmi, è un focolare. Non vi son finestre, ma un raggio di sole, entrato per il camino, batte, celeste fiamma, sulla pietra senza cenere del focolare. Una coperta bruna è stesa sul letto. Una croce è scolpita rozzamente sulla parete obliqua di roccia, presso all’entrata. In un angolo si vede, sola ricchezza, una gran secchia piena d’acqua, un catino verde, una bottiglia, un bicchiere. Alcuni libri sono accatastati sopra una sdruscita