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210 | capitolo quinto |
perchè un simulacro, una reliquia, un uomo, li guarisse miracolosamente. Però era fede. Era, dentro un rude involucro d’ignoranze caduche, il senso, negato alle menti superbe, dell’ascosa Verità che è Vita, radio misterioso dentro un ammasso di minerale impuro. Era fede, era incolpevole errore, era amore, era dolore, era un che visibile degli accolti più alti misteri dell’Universo. La terra stessa e la grande faccia triste della chiesa e le piccole facce umili delle casupole intorno alla piazza, parevano averne intelletto e riverenza. Giovanni si vide in mente la immagine di una morta, statagli cara, che aveva creduto così, un’aura gelata corse anche a lui nel sangue, le ginocchia gli si piegarono sotto. La compagnia degli ammalati passò cantando colla faccia levata:
«Mater Christi». Le donne inginocchiate risposero colla faccia a terra:
«Ora pro nobis».
Poi si alzarono e seguirono il corteo. Intanto tre o quattro donne di Jenne dissero forte:
«Non vole! Non vole!»
Una spiegò a Maria che il Santo non voleva gli fossero portati infermi. Non furono ascoltate e seguirono anche loro, curiose di quel che sarebbe.
Pure i Selva, sulle prime renitenti, si mossero dietro a Noemi, avida. Alle loro spalle, con quel giusto intervallo che li dimostrasse spettatori e