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il santo | 209 |
mate da Giovanni per un tafferuglio che avveniva sulla piazza fra le donne e quegli studenti che avevano oltrepassato i Selva sulla costa di Jenne. Gli studenti dovevano avere scherzato male sulla devozione loro al Santo. Erano inviperite. Quelle di Jenne sbucarono dal forno. Da un’altra parte sbucarono due pennacchi di carabinieri. Noemi e Maria entrarono fra le donne a metter pace. Giovanni arringò gli studenti che ridevano per braveria, con pericolo di peggio. Un canto suonò dalla chiesa, prima velato, poi, aprendosi la porta, forte:
«Sancta Maria, ora pro nobis.»
Comparvero i due ammalati. La ragazza camminava sorretta, l’uomo era portato a braccia, dalla testa e dai piedi, spenzolato come un cadavere. E anche le portatrici cantavano, solenni in viso:
«Sancta Virgo virginum, ora pro nobis.»
Sulla piazza le donne caddero ginocchioni tutte insieme, intorno ai carabinieri sbalorditi; gli studenti ammutolirono; una cavalcata di signori e signore che entrava in piazza dalla mulettiera di Val d’Aniene, si arrestò. Maria prima, quindi Noemi, tratte a terra da uno spirito che metteva loro brividi di commozione, s’inginocchiarono. Giovanni esitò. Quella non era la sua fede. A lui sarebbe parso di offendere il Creatore e Donatore della ragione facendo viaggiare a lungo sul mulo degli ammalati