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10 | capitolo primo |
l’aria di piccole creature odiose, velenose per le sue tonsille.
«Già» diss’egli. «L’amore stesso non vale meglio.»
Noemi gli volle proibire di parlar dell’amore. Lui, parlarne, che non lo intendeva! Carlino la ringraziò. Stava appunto per innamorarsi di lei, ne aveva avuto una paura enorme. Queste parole venute presto presto dopo l’apparizione di certa disordinata piuma sopra un cappello detestabile e dopo certa frase molto borghesemente ammirativa su quel povero diavolo noioso di Mendelssohn, lo avevano salvato à jamais. I due si scambiarono altre impertinenze e Carlino fu tanto brioso malgrado le tonsille infette, che la signorina d’Arxel lo felicitò per il suo romanzo.
«Si capisce che va bene» diss’ella.
«Che! Punto!» rispose il romanziere. Non andava punto bene, anzi aveva dato nelle secche di una situazione disperata. Lo sapeva l’esofago dell’autore che ci aveva lì due personaggi incapaci di scendere e di risalire, uno grasso e buono, l’altro sottile e pungente, similissimo alla signorina d’Arxel. Gli pareva di aver inghiottito insieme un fico e un’ape, come certo disgraziato contadino toscano che n’era morto in quei giorni. L’ape capì che aveva voglia di parlarne, lo punse e lo ripunse tanto che infatti ne parlò. Il suo romanzo