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192 capitolo quinto

Il fratello, sorpreso ch’ella si occupasse tanto de’ poveri, s’irritava di questa novità nei suoi pensieri e nella sua vita. Largheggiasse di denaro, se le piaceva, quanto le piaceva! Farsi venire una fila di pezzenti in casa, visitarli nei loro tugurii, no! Questo era sciocco, era inutile, era noioso, era ridicolo, era pazzesco, era clericale. C’erano altre difficoltà. Ell’avrebbe desiderato entrare nelle associazioni femminili caritatevoli della città. Al contatto della signora che aveva tanto fatto parlare di sè per Maironi, che se pure andava qualche volta in chiesa la domenica però non adempiva il precetto pasquale, esse indietreggiavano chiudendosi in sè stesse come sensitive. E finalmente anche le sue abitudini di dama oziosa si ricomponevano via via dopo il primo strappo a impedirle il nuovo cammino, tanto più pronte quanto più il cammino si faceva difficile. Sentiva di dover soccombere se non le venisse una parola di consiglio, di aiuto da lui. Vederlo non poteva, scrivere non osava perchè certamente egli aveva inteso vietare anche questo ed ella sarebbe morta piuttosto che fargli cosa sgradita, potendo evitarlo. Aveva letto una corrispondenza romana del Corriere sul «Santo di Jenne» dove si diceva che il Santo era giovine e aveva lavorato da bracciante nell’orto di Santa Scolastica. Era lui, dunque! Supplicava Noemi di andare a Jenne, di chiedergli per lei l’elemosina di un conforto.