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6 | capitolo primo |
«En tout cas» replicò Noemi «di tutto cuore, no!»
«Perchè?»
«Perchè il mio cuore lo sto dedicando a un’altra persona.»
«A chi?»
«A un frate.»
Jeanne trasalì, e Noemi, confidente dell’amica, del suo insanabile amore per l’uomo scomparso, probabilmente sepolto in qualche ignota solitudine claustrale, tremò di aver sbagliato il tôno dell’esordio di un discorso che aveva in mente.
«A proposito, Memling!» diss’ella arrossendo forte. «Dobbiamo parlare di Memling!»
Lo disse in francese e Jeanne le sussurrò:
«Sai che devi parlare italiano.»
Gli occhi suoi erano così tristi e amari che Noemi non parlò italiano, le disse, ancora in francese, tante cose tenere, implorò una parola buona, un bacio, ebbe l’una e l’altro. Non riuscì a rasserenare Jeanne che tuttavia, blandendo a due mani l’amica lungo l’arco dei capelli e guardando il proprio lavoro amoroso, le diceva piano che non temesse di averla ferita. Triste, sì, lo era. Che novità! Vero, gaia non era mai, Noemi lo ammise; oggi però le nuvole interne parevano più dense. Colpa della Intruse, forse. Jeanne fece «proprio!» con un viso e un accento che significavano come l’Intruse colpevole della sua malinconia non fosse