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166 capitolo quarto


Jeanne gli si voltò avida.

«Al Sacro Speco?» diss’ella. E l’ortolano domandò all’accattone se ce l’avesse veduto lui.

L’accattone raccontò, lagrimoso più che mai, come si fosse trovato più di un’ora prima sulla strada del Sacro Speco, oltre il bosco dei lecci, proprio a due passi dal Convento con un fastello di legna; come fosse caduto malamente e rimasto a giacere sotto il fastello.

«Iddio e san Benedetto» diss’egli «fecero che passasse un monaco. Questo monaco mi rialzò, mi confortò, mi prese a braccio, mi accompagnò al Convento dove gli altri monaci mi ristorarono. Io me ne venni via e il monaco rimase al Sacro Speco.»

«E che c’entra?» fece l’ortolano.

«C’entra che prima, vestito com’era, non lo riconobbi, ma poi lo riconobbi. Era lui.»

«Chi, lui?»

«Benedetto.»

«Ma chi era Benedetto?»

«Il monaco.»

«Ma che sei pazzo! – Scemo che sei!» fecero l’ortolano e il vaccaro.

Jeanne diede allo sciancato una moneta d’argento.

«Pensate bene» diss’ella. «Dite la verità.»

Lo sciancato si sdilinquì in benedizioni, intercalandovi degli umili «quello che volete, quello che