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ancora umidi, gli fè cenno di accostarsi e di parlar sotto voce. Che c’era? C’era che Jeanne voleva partire subito per Santa Scolastica. Noemi avvertì ch’era appena svegliata e che questo subito significava un’ora e mezzo, almeno. Ma bisognava mandare a Subiaco per una carrozza, poichè Jeanne non era in grado di fare a piedi che lo stretto necessario, l’ultimo tratto di via.

Un tocco di campanello richiamò Noemi. Jeanne l’aspettava, impaziente.

«Che cameriera pettegola!» diss’ella, tra sorridente e crucciata. «Cosa sei andata a raccontare a tua sorella?»

Noemi la minacciò di andarsene. Jeanne giunse le mani, supplichevole. E le domandò fissandola negli occhi, scrutandone l’anima:

«Come mi pettino? Come mi vesto?»

Noemi rispose sbadatamente:

«Ma come vuoi!»

L’altra battè il piede a terra, sbuffando. Allora Noemi capì.

«Da contadina» diss’ella.

«Sciocchissima creatura!»

Noemi rise.

Jeanne gemette il solito ritornello:

«Non mi vuoi bene! Non mi vuoi bene!»

Allora Noemi si fece seria, le domandò se volesse proprio riprenderselo, il suo Maironi.