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notte di tempeste 117


Egli si vide ginocchioni a Roma in piazza San Pietro, di notte, fra l’obelisco e la fronte del tempio immenso, illuminato dalla luna. La piazza era vuota; il rumore dell’Aniene gli diventò il rumore delle fontane. Dalla porta del tempio si porgeva sulla gradinata un gruppo di uomini vestiti di rosso, di violetto e di nero. Lo fissavano minacciosi, appuntando gl’indici verso Castel Sant’Angelo, come per intimargli di partirsi dal luogo sacro. Ma ecco, questa non era più la Visione, questo era un immaginar nuovo! Egli sorgeva, diritto e fiero, in faccia al manipolo nemico. Gli ruggiva improvviso alle spalle un rombo di moltitudini accorrenti che irrompevano nella piazza dalle bocche di tutte le vie, a fiumi. Un’ondata lo travolgeva con sè acclamando al riformatore della Chiesa, al vero Vicario di Cristo, lo posava sulla soglia del tempio. Di là egli si volgeva come ad affermare autorità sull’Orbe. In quel momento gli folgorò nel pensiero Satana offrente a Cristo il regno del mondo. Precipitò a terra, si stese bocconi sulle pietre, gemendo nello spirito: «Gesù, Gesù, non son degno, non son degno di venir tentato come Te!» E porse le labbra strette, le affisse al sasso, cercando Iddio nella creatura muta, Iddio, Iddio, il sospiro, la vita, la pace ardente dell’anima. Un soffio di vento gli corse sopra, gli mosse l’erbe intorno.