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notte di tempeste 109

rettamente condotto, poco a poco, a sentire così della vita claustrale nelle sue forme presenti, pure essendo convinto che ha indestruttibili radici nell’anima umana. Ma forse ora per la prima volta gli avveniva di guardare il suo sentimento in faccia. Era da un pezzo suo voto, era sua speranza che Benedetto diventasse un grande operaio del Vangelo; non un operaio comune, un predicatore, un confessore, bensì un operaio straordinario; non un soldato dell’esercito regolare, impedito dall’uniforme e dalla disciplina, bensì un libero cavaliere dello Spirito Santo; ma la Regola monastica non gli si era mai ripresentata in tale antagonismo con il suo ideale di un Santo moderno. E se ora la Volontà Divina si manifestasse a Benedetto proprio diversa dal desiderio suo?

Ah non era egli già quasi sull’orlo di un peccato mortale? Non presumeva già egli quasi, polvere tracotante, di giudicare le vie di Dio? Prosternato sull’inginocchiatoio, s’immerse nell’Onnipotente, anelando senza parole al perdono, alla rivelazione, in Benedetto, della Volontà Divina, adorandola da quel momento qualunque fosse. Nell’alzarsi con un naturale defluire dell’onda mistica dal cuore, con gli occhi vôlti ancora all’altare ma non più fissi nel Tabernacolo, non poté a meno di pensare alla Dessalle e al discorso di