Allora venne un periodo di traviamento; traviamento di costume e traviamento di fede. Quando, pare un miracolo del Signore!, ecco che sua moglie viene a morire e nel morire ricupera la ragione, fa venire il marito, gli parla, muore come una Santa. Questa morte gli volta il cuore verso Dio, egli lascia la signora, lascia le ricchezze, lascia tutto, fugge di notte da casa sua senza dire a nessuno dove va. Siccome aveva conosciuto me a Brescia una volta che ci andai per una malattia di mio padre, e sapeva ch’ero a Subiaco, siccome anche aveva caro il nostro Ordine e certe memorie della nostra povera Praglia, è capitato qua. Mi ha raccontato la sua storia, mi ha supplicato di aiutarlo a condurre una vita di penitenza. Credetti che aspirasse a entrare nell’Ordine. Egli mi disse invece di non sentirsene degno, di non aver potuto ancora conoscere, circa questo punto, la Divina Volontà, di volere intanto far penitenza, lavorare colle proprie mani, guadagnarsi il pane, un poverissimo pane. Mi disse altre cose, mi parlò di certi fatti sovrannaturali che gli sarebbero intervenuti. Io ne parlai subito al padre Abate di allora e si combinò così: alloggiarlo nell’Ospizio, farlo lavorare nella chiusura come aiuto all’ortolano e fornirgli il vitto magrissimo ch’egli desiderava. In tre anni non ha preso nè vino, nè caffè, nè latte, nè un uovo. Pane, polenta, frutta, erbaggi,