Pagina:Il Santo.djvu/109


notte di tempeste 97

tito Iddio come pregando la notte sui monti. Il Maestro gli prese il capo a due mani, lo baciò in fronte.

«Va» diss’egli.

«E Lei pregherà per me?»

«Sì, nunc et semper

Passi nel corridoio. Una chiave gira nella toppa. Benedetto si dilegua come un’ombra.


Il buon vecchio fra Antonio, portinaio del monastero, aperse, non mostrò di essersi atteso a vedere anche Benedetto, e con quel rispetto dignitoso in cui si confondevano la sua umiltà d’inferiore e la sua coscienza di onesto famigliare antico, disse a don Clemente che il padre Abate lo attendeva nel suo alloggio. Don Clemente salì con un lanternino al corridoio grande dove mettevano l’alloggio dell’Abate e, poco discosto, la sua cella stessa.

L’Abate, padre Omobono Ravasio da Bergamo, lo stava aspettando in un salottino male rischiarato da una povera lucernina a petrolio. Il salottino, nella sua severa modestia ecclesiastica, non aveva di singolare che una tela del Morone, bel ritratto d’uomo, due piccole tavole con teste d’angeli di maniera luinesca, un piano a coda, carico di musica. L’abate, appassionato per i quadri, la