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notte di tempeste | 89 |
Clemente, in quel momento, simbolo minaccioso di una demoniaca forza ferma sul cammino di Benedetto; come gli parve minacciosa simbolicamente la cresciuta oscurità, minaccioso il cresciuto rombo profondo del fiume nella solitudine.
Passato l’Oratorio di san Mauro, dove la mulattiera dei Conventi gira a sinistra, sul fianco del monte, verso la Madonnina dell’Oro e un’altra mulattiera entra diritta nella gola per i ruderi delle Terme neroniane, Benedetto si sciolse dolcemente dal braccio del monaco e si fermò.
«Senta, padre» diss’egli. «Avrei bisogno di parlarle. Forse un poco a lungo.»
«Sì, caro, ma è tardi. Entriamo nel monastero.»
Benedetto abitava nell’Ospizio dei pellegrini, la casa rustica dove sono anche le stalle di Santa Scolastica a cui si accede da un cortile che comunica per un cancello grande colla via pubblica e per un cancello piccolo con il corridoio del monastero, che dalla via pubblica mette alla chiesa e al secondo dei tre chiostri.
«Non vorrei entrare nel monastero, stanotte, padre mio» diss’egli.
«Non vorresti entrare?»
Altre volte Benedetto, nei tre anni passati al servizio libero del monastero, aveva ottenuto da don Clemente licenza di passar la notte fuori, sulla montagna, pregando. Il Maestro pensò tosto che