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IL ROCCOLO

Finchè l’Incognito
Da Montorso ci viene, e da Masone,
Questo si gusti, si bea, si tracanni,
Se vogliam, che più lieti e giocondi
Senza noie e senz’affanni
Passino i giorni, e gli anni.
Non è l’oro, e la grandezza,
Che pur tanto l’Uomo apprezza,
Ciò che a lui dà
Felicità.
E chi di voi nol sà? Del Mondo intero
A Cesare l’impero che giovò?
Ed a Mida qual prò l’aver tant’oro?
Gloria, e tesoro a quegl’ingordi Rè
Nulla valse, perchè come la luna
Volubile fortuna li tradì.
Quel di ferro morì come un infame,
Questo di fame al fin quasi perì.
Quanto avria fatto meglio quel Cesare bravaccio
Delle cose di Roma a non pigliarsi ’mpaccio;
E poichè domo avea l’istabile Francese
E lo Spagnuolo altero, ed il feroce Inglese,
L’armi deporre al tempio, ed ergerne un trofeo
Senza correre dietro al povero Pompeo.
Lasciar (contento omai dell’acquistato onore)
Dovea le brame ingiuste d’esser Imperatore.
E qui nelle sue Gallie, dov’era ben veduto
Provato non avrebbe sì sconoscente Bruto