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94 | emilio salgari |
piatto infernale che li farà urlare come dannati. Eccoli che si muovono! A te la spingarda, Yanez, che sei un artigliere meraviglioso.
— Li mitraglierò per bene — rispose il portoghese, gettando via la sigaretta e accostandosi alla bocca da fuoco.
I dayachi, che dovevano essere stati istruiti dal «pellegrino», avevano formato quattro colonne d’assalto, di sessanta od ottanta uomini ciascuna e muovevano risolutamente verso il kampong, coprendosi coi loro immensi scudi quadrati, di pelle di tapiro o di bufalo, armati solamente di kampilang. Una quinta colonna, formata esclusivamente di moschettieri, si era sparsa invece per la pianura in catena, per appoggiare l’attacco, insieme ai lila ed ai mirim.
— Il «pellegrino» deve essere stato un soldato — disse Yanez. — Tuttavia dubito che la sua tattica abbia buon successo. Quando i dayachi si slanceranno all’assalto, romperanno le loro file. La disciplina militare non può aver fatto presa su questi guerrieri selvaggi. Musica, avanti!
I dayachi cominciavano a sparare violentemente. I colpi di cannone si alternavano con scariche nutrite di carabine, senza grande successo, poichè le grosse tavole di legno di teck delle cinte, non erano facili a sfondarsi; ed i difensori del kampong erano ben protetti dai parapetti.
Per di più gli alberi spinosi che si stendevano tutto all’intorno, e che avevano rami e fronde fittissime, non permettevano ai fucilieri nemici di poterli mirare.
La spingarda collocata sulla piattaforma della torricella aveva tirato il primo colpo contro la colonna, che muoveva verso il punto dove si trovava la saracinesca: e la sua palla, di buon calibro, lanciata da Sambigliong, che era un valente artigliere, non era andata perduta.
— La prima goccia di sangue è stata sparsa — disse Yanez. — Speriamo che diventi un fiume.
Dai quattro angoli del kampong le tigri di Mompracem, a cui era stato affidato il servizio delle spingarde, si sparava con un crescendo assordante.
Non potendo quelle piccole bocche da fuoco controbattere il tiro dei lila e soprattutto dei mirim, sparavano contro le colonne d’assalto, con palle da una libbra, facendo dei larghi vuoti.
Le carabine indiane, maneggiate dagli uomini della fattoria, tutte di tiro lunghissimo, appoggiavano vigorosamente il fuoco