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il re del mare | 77 |
gio della Marianna, scesero nella sala a pianterreno dove i servi del kampong avevano preparata un’abbondante refezione all’inglese, con carne fredda, burro e tè con biscotti.
Terminato il pasto e mandato il meticcio sulla torricella onde li avvertisse delle mosse degli assedianti, fecero una minuta ispezione alle cinte e alle opere di difesa, onde essere pronti a sostenere anche un lungo assedio.
Erano trascorse già tre ore dallo scoppio, quando udirono Tangusa gridare dall’alto del minareto:
— All’armi!
E subito dopo rimbombarono alcuni spari.
Yanez e Tremal-Naik si erano precipitati verso la piattaforma più alta della cinta, da cui potevano dominare buon tratto della pianura.
Vi erano appena giunti, quando videro un piccolo drappello d’uomini uscire dalla foresta a corsa sfrenata, sparando sui dayachi, che accorrevano da tutte le parti come per tagliare loro il passo.
Due grida erano sfuggite alle labbra del portoghese e dell’indiano:
— Le Tigri di Mompracem! Sambigliong!
Poi lanciarono due grida tuonanti:
— Fuoco le spingarde!
— Alzate la saracinesca ai nostri amici!
I pirati che avevano scortato Yanez, vedendo i loro compagni alle prese con gli assedianti, si erano gettati sulle tre spingarde che difendevano la cinta dalla parte meridionale, scaricandole quasi contemporaneamente.
I dayachi, udendo quegli spari e vedendo cadere parecchi compagni, avevano aperte le file rifugiandosi precipitosamente nella foresta.
Sambigliong ed il suo drappello, trovando il passo libero, si erano slanciati verso il kampong a tutta corsa, non cessando di sparare.
La saracinesca era stata alzata e parte della guarnigione era mossa incontro a loro per sostenerli nel caso che i dayachi tornassero alla riscossa e anche per guidarli attraverso il boschetto spinoso.
I superstiti della Marianna non erano che una mezza dozzina. Erano neri di polvere, madidi di sudore, ansanti, colle vesti stracciate ed insanguinate ed avevano la schiuma alle labbra per la