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il re del mare 75

— Ben felice di rivedervi, signor Yanez — riprese la fanciulla, tendendogli una manina da fata. — Sono due anni che vi abbiamo lasciato.

— Abbiamo sempre da fare laggiù, a Mompracem.

— Medita sempre spedizioni la Tigre della Malesia? Che uomo terribile! — disse Darma sorridendo. — Ah... il cannone! Non udite?

— È già mezz’ora che rimbomba, figlia mia — disse Tremal-Naik — e annunzia forse una grave disgrazia.

— Chi è che fa fuoco, padre?

— Sono le Tigri di Mompracem.

— Che difendono la mia nave — aggiunse Yanez. — Tacete! Mi pare che i colpi rallentino! E non poter vedere nulla!

Si erano tutti curvati sul parapetto della piattaforma, ascoltando ansiosamente.

Non si udivano più che a rari intervalli le secche detonazioni delle spingarde e la cupa voce dei pezzi da caccia.

Ad un tratto si fece un gran silenzio, come se la battaglia fosse bruscamente cessata.

— Hanno vinto o sono stati schiacciati? — si chiese Yanez che si sentiva bagnare la fronte di sudore.

Ad un tratto una formidabile detonazione attraversò gli strati d’aria e si propagò con tale intensità che la torre tremò dalla base alla cima. Yanez aveva mandato un grido, mentre Tremal-Naik e Darma erano diventati pallidissimi.

— Mio Dio, che cosa è successo? — chiese la fanciulla.

— La mia Marianna dev’essere saltata in aria — rispose Yanez con voce rotta. — Poveri i miei uomini!

Un dolore intenso traspariva sul viso del portoghese, mentre qualche cosa di umido brillava nei suoi occhi.

— Yanez — disse Tremal-Naik, con voce affettuosa, — noi non abbiamo ancora la certezza che la tua nave sia saltata.

— Questo rombo spaventevole non può essere stato prodotto che dallo scoppio della santabarbara — rispose il portoghese. — Io che ne ho vedute saltare tante delle navi, non mi posso ingannare. Che la Marianna sia calata a fondo non me ne importa, avendo noi a Mompracem velieri in buon numero. Sono i miei uomini che rimpiango.

— Possono avere lasciata la nave prima che scoppiasse. Chissà, forse sono stati essi stessi a dar fuoco alle polveri onde non cadere nelle mani dei dayachi.