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54 | emilio salgari |
con molte casse piene d’armi e ben fornito di denaro, di ghinee e di fiorini olandesi.
— Solo?
— Lo credo.
— E che cosa ha fatto poi?
— Si è presentato ai capitribù, i quali lo ricevettero con deferenza, avendo in testa il turbante verde dei pellegrini che hanno visitato il sepolcro del Profeta. Che cosa poi abbia narrato loro e promesso, io lo ignoro. So solo che pochi giorni dopo i dayachi erano tutti in armi e che chiedevano la testa di Tremal-Naik, che fino allora era stato il loro protettore.
— Ha regalato armi a quei fanatici imbecilli?
— E anche molto denaro.
— È vero che un giorno una nave inglese è giunta alla foce del Kabatuan e che quel «pellegrino» si è abboccato col comandante? — chiese Yanez.
— Sì, signore, anzi aggiungerò che durante la notte l’equipaggio sbarcò altre casse piene d’armi.
— Sai a che razza appartiene quell’uomo?
— No, signore: quello che vi posso dire è che la sua pelle è oscura assai e che parla il bornese con difficoltà.
— Che mistero impenetrabile! — mormorò Yanez. — Mi romperò il capo senza riuscire a schiarirlo!
Stette un momento silenzioso, come se si fosse immerso in un profondo pensiero, poi chiese:
— Come avevano fatto a sapere che la Marianna giungeva in soccorso di Tremal-Naik?
— Pare che sia stato un servo dell’indiano ad informare i capi dayachi ed il «pellegrino».
— Quale incarico ti avevano dato?
Il malese ebbe una breve esitazione, poi rispose:
— Di arenare la vostra nave, innanzi tutto.
— Non mi ero dunque ingannato, dubitando di te. E poi?
— Lasciate che non confessi il resto.
— Parla liberamente: ti ho promesso di lasciarti la vita ed io non manco alla mia parola.
— Di approfittare dell’assalto dei dayachi per incendiarvi la nave.
— Grazie della tua franchezza — disse Yanez, ridendo. — Sicchè avevano deciso la nostra morte?