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46 emilio salgari

Una cupola di fuoco avvolgeva ogni cosa: la nave, le rive ed il fiume. I malesi ed i dayachi che formavano l’equipaggio guardavano con spavento quelle cortine fiammeggianti, che non accennavano a scemare, chiedendosi angosciosamente se stava per suonare per loro l’ultima ora.

Solo Yanez, l’uomo eternamente impassibile, pareva che non si occupasse affatto del tremendo pericolo che minacciava la Marianna.

Seduto sull’affusto di uno dei due pezzi da caccia, fumava placidamente la sua sigaretta, come se fosse insensibile a quel calore spaventevole che cucinava i suoi uomini.

— Signore — gridò il meticcio, accorrendo presso di lui, col viso pallido e gli occhi dilatati per il terrore, — noi ci arrostiamo!

Yanez alzò le spalle.

— Non posso farci nulla io — rispose poi, con la sua calma abituale.

— L’aria diventa irrespirabile.

— Accontentati di quella poca che scende nei tuoi polmoni.

— Fuggiamo, signore. I nostri uomini hanno spezzata la catena che ci chiudeva il passo verso l’alto corso del fiume.

— Lassù non farà più fresco di qui, mio caro.

— Dovremo perire così?

— Se così è scritto — rispose Yanez, senza togliersi dalle labbra la sigaretta.

Si rovesciò sull’affusto come se fosse su di una comoda poltrona, aggiungendo dopo qualche istante: — Bah, aspettiamo!

Ad un tratto alcune scariche di fucili rimbombarono sul fiume, accompagnate da clamori assordanti.

Yanez si era alzato.

— Come diventano noiosi questi dayachi! — esclamò.

Attraversò il ponte, senza curarsi dei torrenti d’acqua che gli cadevano addosso e, alzato un lembo dell’immensa tenda, guardò verso la riva.

Attraverso le cortine di fuoco scorse degli uomini che parevano demonî correre fra le ondate di fumo, sparando contro il veliero. Pareva che quei terribili selvaggi fossero insensibili, come le salamandre, perchè osavano, quantunque quasi nudi, cacciarsi tra le fiamme per sparare più da vicino.

Yanez si era fatto torvo in viso. Una bella collera bianca si manifestava in quell’uomo, che pareva avesse dell’acqua ghiac-