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30 | emilio salgari |
sorpresa per il pilota, quando si risveglierà. Salpate gli ancorotti, controbracciate le vele e avanti, diritti verso il fiume.
— Lo imboccheremo senza attendere l’alba? — chiese Sambigliong.
— È largo e profondo, mi ha detto Tangusa; e non è interrotto da banchi — rispose Yanez. — Preferisco attraversare la foce ora e sorprendere i dayachi, che non s’aspettano di certo di vederci così presto.
Con uno sforzo poderoso i marinai dell’argano avevano strappati dal fondo i due ancorotti, mentre i gabbieri avevano orientato rapidamente le due vele ed i fiocchi del bompresso. Tangusa, che non aveva lasciata la tolda, si era messo alla barra del timone, essendo il solo che conoscesse la foce del Kabatuan.
— Guidaci solamente entro il fiume, mio bravo ragazzo — gli aveva detto Yanez. — Poi penseremo noi a guidare la Marianna e tu andrai a riposarti.
— Oh, signore, non sono già un fanciullo — aveva risposto il meticcio — per aver bisogno d’un immediato riposo! Quel balsamo prodigioso, sparso sulle mie ferite da Kibatany, mi ha calmato i dolori.
— Ah! — esclamò ad un tratto Yanez, mentre la Marianna, girato prudentemente il banco, s’avanzava verso il fiume. — Tu non mi hai ancora narrato come sei caduto nelle mani dei dayachi ed il perchè ti hanno martirizzato.
— Non mi avevano lasciato il tempo, quei furfanti, di finire di raccontarvi la mia triste avventura — rispose il meticcio sforzandosi a sorridere.
— Venivi dal kampong di Tremal-Naik, quando ti catturarono?
— Sì, signor Yanez. Il mio padrone mi aveva incaricato di raggiungere le rive della baia per guidarvi sul fiume.
— Era certo dunque che noi non avremmo indugiato ad accorrere in suo aiuto.
— Non ne dubitava, signore.
— Dove sei stato sorpreso?
— Sulle isolette della foce.
— Quando?
— Due giorni or sono. Alcuni uomini che avevano lavorato nelle piantagioni del kampong mi avevano subito riconosciuto, sicchè assalirono senza indugio il mio canotto e mi fecero prigioniero. Dovevano essersi immaginati che Tremal-Naik mi aveva man-