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270 | emilio salgari |
Poi, accostandosi al tubo che comunicava con la sala della macchina, gridò con voce poderosa:
— Signor Horward! Avanti a tutto vapore, a tiraggio forzato!
Il Re del Mare continuava la sua corsa, aumentandola rapidamente.
Da tredici nodi era salita a quattordici all’ora, e non bastava ancora. L’ingegnere americano aveva comandato il tiraggio forzato per raggiungere possibilmente i quindici.
Era ben vero che il carbone se ne andava rapidamente, però ne avevano in quantità sufficiente per tenere il mare alcune settimane senza bisogno di provvedersi.
Erano già trascorse due ore, quando tutto d’un tratto la nebbia s’illuminò come se un gran fascio di luce l’attraversasse.
Luce lunare non doveva essere, perchè assai più intensa e brillante e poi non ne aveva l’immobilità. Veniva dall’est e scorreva dal sud al nord, facendo scintillare vivamente le acque.
— Un fanale elettrico! — esclamò Yanez, trasalendo. — Ci si cerca.
— Sì — disse Tremal-Naik. — Che siano in molti?
Sandokan non aveva aperto bocca; la sua fronte però si era bruscamente aggrottata.
Trascorsero alcuni minuti ancora.
— Macchina indietro! — tuonò ad un tratto la Tigre della Malesia.
Il Re del Mare trasportato dal proprio slancio, s’avanzò per due o trecento metri, poi s’arrestò lasciandosi cullare dall’onda larga del golfo.
Una nave, forse non sola, si trovava dinanzi all’incrociatore ed esplorava il mare, proiettando dovunque fasci di luce.
— Che la squadra di Sarawack si sia accorta della nostra presenza? — chiese Tremal-Naik.
— Dobbiamo essere stati segnalati da qualche veliero, forse da qualche praho che è sfuggito alla nostra sorveglianza — disse Sandokan.
— Che cosa farai, Sandokan?
— Aspetteremo, per ora, poi passeremo, dovessimo fracassare dieci navi a colpi di sperone. Il Re del Mare ha la prora a prova di scoglio e le macchine d’una solidità tale che non si sconquasseranno per l’urto.
Il fascio di luce continuava a scorrere lentamente dal nord al