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remo la Marianna. Apriamo gli occhi, Tremal-Naik ed aumentiamo la nostra velocità. Tanto peggio a chi tocca, se taglieremo qualche legno.

Pareva che la fortuna proteggesse le ultime Tigri di Mompracem, perchè poco dopo il tramonto del sole una folta nebbia era cominciata a scendere sul golfo, in dense ondate.

Il Re del Mare aveva quindi maggiori probabilità di sfuggire alla caccia delle navi alleate, ammesso che si fossero realmente messe in moto per sorprenderlo.

Nondimeno Sandokan e Yanez avevano dati gli ordini per tenersi tutti pronti. Qualche nemico poteva comparire, impegnare subito la lotta e con le sue cannonate attirare l’attenzione della squadra.

L’incrociatore, che aveva aumentata la sua velocità portandola a tredici miglia, muoveva rapido attraverso il nebbione che sempre più si addensava.

Sandokan, Yanez, Tremal-Naik e l’ingegnere americano erano tutti sul cassero, presso i timonieri, cercando, ma invano, di distinguere qualche cosa attraverso le ondate caliginose che il vento, di quando in quando, scompaginava.

Gli artiglieri erano dietro i loro mostruosi pezzi o accanto alle piccole artiglierie; i malesi ed i dayachi dietro le murate.

Tutti tacevano ed ascoltavano attentamente. Non si udivano che i rauchi muggiti del vapore ed il gorgoglìo prodotto dalle eliche e dallo sperone fendente le acque.

La seconda foce del Sarawack doveva essere stata oltrepassata di una cinquantina di miglia, quando tutto d’un tratto si udì echeggiare una sirena.

— Una nave esplora il mare e segnala la sua presenza ad altre — disse Yanez a Sandokan. — Sarà mercantile o da guerra?

— Suppongo che sia qualche avviso del rajah — rispose la Tigre della Malesia. — Ci aspettavano?

— Fa’ puntare verso levante.

— Vorrei però prima conoscere con quale avversario abbiamo da fare.

— Con questa nebbia non sarà cosa facile, Sandokan — disse Tremal-Naik. — Quando potremo giungere alla foce del Sedang?

— Fra cinque o sei ore. Vedi nulla, Yanez?

— Null’altro che nebbia — rispose il portoghese.

— Non devieremo: tanto peggio per chi si caccerà sotto il nostro sperone.