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216 emilio salgari

ratissima, per non trovarsi a corto di combustibile nel caso d’un incontro con qualche squadra nemica, il Re del Mare, che si era tenuto sempre assai lontano dalle coste, passava attraverso il banco di Vernon. Lo stesso giorno sir Moreland faceva la sua prima comparsa sul ponte, sorretto dal dottore.

Era ancora molto pallido e molto debole, però la sua ferita si era quasi interamente cicatrizzata, mercè la sua robustissima costituzione e le cure assidue del bravo americano.

Era una mattinata splendida e non troppo calda, avendo il Re del Mare abbandonate le ardenti calme del tropico da qualche giorno. Una fresca brezzolina soffiava dal sud, increspando dolcemente fra le sartie metalliche dell’incrociatore. Numerosi volatili, per lo più dei petrelli, agilissimi uccelli marini, dal volo leggero, turbinavano sopra la nave, assieme a delle phoebetrie fuliginose, le più piccole delle diomedee, dalle penne nerissime, inseguendo i pesci volanti che le voraci dorate scacciavano dal loro elemento, costringendoli, per salvarsi, a spiccare delle lunghe volate sopra le onde.

Vedendo apparire l’anglo-indiano, appoggiato al braccio dell’americano, Yanez che passeggiava sul ponte assieme a Surama, si era affrettato a muovergli incontro.

— Finalmente eccovi ristabilito — gli disse. — Ne sono ben lieto, sir Moreland. Agli uomini di mare fa molto meglio l’aria libera del ponte che quella delle cabine.

— Sì, sto bene, signor Yanez, grazie alle cure ed alle attenzioni di questo bravo dottore — rispose il capitano.

— Da questo momento consideratevi come nostro ospite e non più come prigioniero. Voi siete libero di fare quello che meglio vi piace e di andare dove vorrete. La nostra nave non avrà segreti per voi.

— E non temete che io possa abusare di questa vostra generosità?

— No, perchè vi credo un gentiluomo.

— Pensate che un giorno noi ci troveremo ancora di fronte l’uno all’altro e terribili nemici.

— Ci combatteremo lealmente.

— Ah, questo sì, signor Yanez! — disse sir Moreland, con una certa asprezza.

Poi, dopo aver gettato un lungo sguardo sul mare e aspirato fragorosamente l’aria marina, disse: