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il re del mare 213

Sandokan, Yanez e la giovane s’intrattennero alcuni minuti ancora nella cabina, scambiando qualche parola col dottore, poi si accommiatarono.

Prima però che la fanciulla uscisse, sir Moreland le disse, guardandola con una certa tristezza:

— Spero, miss, di rivedervi presto e che non vorrete considerarmi sempre come un nemico.

Quando la giovane fu uscita, l’anglo-indiano rimase a lungo alzato, tenendo gli occhi fissi sulla porta della cabina e le braccia incrociate sul petto, in attitudine pensierosa, poi si riadagiò, dicendo al dottore, con un lungo sospiro:

— Che triste cosa è la guerra. Getta l’odio perfino fra due cuori che potevano battere insieme col medesimo affetto.

— Ed il vostro avrebbe battuto assai, è vero, sir Moreland? — disse l’americano sorridendo.

— Sì, dottore, ve lo confesso.

— Per miss Darma?

— Perchè dovrei nascondervelo?

— Una bella e coraggiosa giovane, degna di suo padre e di voi.

— E che non sarà giammai mia — disse sir Moreland, con accento strano. — Il destino ha scavato fra noi, senza nostra colpa, un abisso che nessuno potrà mai colmare.

— Per quale motivo? — chiese Held, stupito dal tono che pareva avesse in sè dell’angoscia e dell’odio profondo. — Questi uomini sono nemici del rajah e degli Inglesi e non già vostri.

Sir Moreland guardò l’americano senza rispondere. Il suo viso però in quel momento aveva assunto una espressione così terribile da colpire vivamente l’americano.

— Si direbbe che vi è un segreto nella vostra vita — disse il dottore.

— Maledico il destino, ecco tutto — rispose il giovane con voce sorda.

Poi, cambiando bruscamente tono, chiese:

— Dottore, dove ci conduce il comandante?

— Va al nord-ovest, per ora.

— A Sarawack forse?

— Può darsi, sir.

— Che voglia sbarcarmi?

— Vi rincrescerebbe?