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212 | emilio salgari |
viva fiamma animò gli sguardi dell’anglo-indiano e per qualche istante non le staccò di dosso gli occhi.
— Voi, miss! — esclamò. — Quanto sono lieto di rivedervi!
— Come state, sir Moreland? — chiese la giovane, arrossendo.
— Oh! La ferita si va cicatrizzando rapidamente, è vero dottore?
— Fra otto o dieci giorni sarà interamente chiusa — rispose l’americano. — Una guarigione veramente miracolosa.
— Avrei preferito non vedervi ferito, sir Moreland — disse Darma.
— Allora non mi avreste di certo trovato qui — rispose l’anglo-indiano. — Mi sarei lasciato affondare assieme alla mia nave, a fianco della bandiera della mia patria.
— Sono più lieta che vi abbiano strappato alla morte.
Il giovane capitano la guardò sorridendo, poi disse:
— Grazie miss, ma...
— Che cosa volete dire, sir Moreland?
— Che sarei stato più contento anch’io se avessero salvata anche la mia nave ed i miei marinai. Ah, miss! Non m’aspettavo di dover subire una così disastrosa sconfitta e da parte dei vostri protettori. Tuttavia, credetelo, non rimpiango la mia prigionia.
— sir Moreland — disse Sandokan, — sapete che questa notte le navi inglesi ci hanno quasi sorpresi?
— La squadriglia di Labuan? — esclamò il ferito con emozione.
— Suppongo che fosse quella, ma siamo riusciti ad ingannarla ed a sottrarci facilmente al pericolo.
— Non illudetevi tuttavia di poter aver sempre una tale fortuna — disse l’anglo-indiano. — Un giorno, quando meno lo supporrete, vi troverete dinanzi ad un uomo che forse non vi accorderà quartiere.
— Volete alludere al figlio di Suyodhana? — chiese Sandokan.
— Non posso spiegarmi di più. È un segreto che io non posso tradire — rispose l’anglo-indiano.
— Non può essere che lui — disse Yanez, — quantunque voi abbiate affermato di non saper nulla su quel nostro ostinato e misterioso avversario.
Sir Moreland pareva che non lo avesse nemmeno udito. Guardava Darma con un senso di profonda angoscia.