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certo rimasta inoperosa a Victoria, dopo la nostra dichiarazione di guerra.

— Con la velocità che possediamo — disse Yanez — non ci sarà difficile lasciarla indietro.

— Ma il carbone ci mancherà presto — rispose Sandokan. — Le nostre carboniere sono ormai semivuote.

— Ci riforniremo a spese del rajah.

— Se potremo giungere alla foce del Sarawack.

— Che cosa temi?

Sandokan non rispose. Guardava attentamente sempre verso ponente, percorrendo tutta la linea dell’orizzonte.

Ad un tratto abbassò il cannocchiale.

— Un lampo — disse.

— Dove, Sandokan?

— È brillato nella direzione presa da quella nave. Mi parve un lampo di luce elettrica.

— Sì, signore — confermò l’americano Horward, che per un momento aveva lasciato la sala delle macchine. — L’ho scorto anch’io.

— Che quella nave corrisponda con qualche altra? — chiese Yanez.

— È quello che temo — rispose Sandokan. — Fortunatamente l’orizzonte è chiaro e vedremo subito il nemico. Signor Horward, date ordine in macchina che si preparino a portare la nostra velocità a quattordici nodi. Sono curioso di sapere chi potrà gareggiare con noi.

L’americano aveva appena trasmesso il comando, quando un nuovo lampo balenò nella direzione di prima. Pareva che una lampada elettrica, di grande potenza, avesse proiettato un ampio fascio di luce sull’oceano.

Un momento dopo una sottilissima striscia di fumo s’alzò sull’orizzonte.

— Un razzo — disse Yanez. — Sono due navi che corrispondono e una deve essere quella che è fuggita al nostro avvicinarsi. Segnala di certo la nostra rotta.

— Signor Sandokan — disse l’americano, — se non m’inganno vedo un punto nero scorrere sull’oceano. Sta attraversando un tratto d’acqua fosforescente.

— Un punto! Allora non può essere una nave.

— E che si muove con rapidità straordinaria, a quanto pare.

— Che sia qualche scialuppa a vapore?