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il re del mare | 185 |
— Vi è un deposito di combustibili colà?
— Udii a parlare d’un praho carico di carbone mandato da Sarawack. Non deve esservi nemmeno una misera borgata su quelle spiagge.
— Peccato — disse Sandokan.
— Ma io ho udito a raccontare che ve n’è uno alla foce del Sarawack invece, su di un’isoletta e dove va a provvedersi la squadra del rajah.
— Chi te lo ha detto?
— Sir Moreland.
— Se ci va la squadra del rajah, possiamo bene andarci anche noi, è vero Yanez?
— E senza pagarlo — rispose il portoghese, che non dubitava mai di nulla. — Ecco la prora che comincia ad emergere. Muovono su di noi, Sandokan, ed a tutto vapore. Devono aver scorto anche essi il nostro fumo.
Sandokan si levò da una tasca un cannocchiale, lo allungò più che potè e lo puntò sulla nave il cui scafo si cominciava a distinguere anche a occhio nudo.
— Una bella nave infatti — disse. — La si direbbe un incrociatore e di forte tonnellaggio. Vedo molti uomini a bordo.
— Corre su di noi? — chiese Yanez.
— A tiraggio forzato, credo. Teme che noi scappiamo. No, mio caro, non ne abbiamo alcun desiderio. È qui che noi cominceremo le ostilità.
— Caleremo a fondo l’incrociatore?
— Mi rincresce pel capitano — disse Tremal-Naik. — Contraccambiamo male la sua ospitalità.
— Dorata, ma senza libertà — disse Yanez.
— Prepariamoci — disse Sandokan.
Scesero in coperta, dove s’incontrarono con Darma e con Surama che erano allora salite.
— Ci attaccano, mio sahib? — chiese l’indiana a Yanez.
— E farà molto caldo qui fra poco, Surama — rispose il portoghese.
— Noi vinceremo, è vero?
— Come abbiamo vinti i Thug di Suyodhana.
— È la nave di sir Moreland? — chiese Darma, con una certa ansietà, che non sfuggì all’astuto portoghese.
— Almeno lo supponiamo.