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un ironico saluto agl’indiani della scialuppa, e la barcaccia, sbarazzata dell’àncora, filò rapidamente verso l’uscita della baia.

Yanez, affidata la barra del timone a Sambigliong, si era collocato a prua assieme a Tremal-Naik e scrutava attentamente le tenebre per cercare di discernere la nave di Sandokan, che doveva incrociare a non molta distanza dalla costa.

Dovendo però avere i fanali spenti, non era facile scoprirla.

— Si sarà portata più al largo ammenochè non siano avvenute delle novità durante la mia assenza — disse Yanez a Tremal-Naik che lo interrogava. — Da un praho che veniva da Labuan abbiamo saputo che una squadriglia d’incrociatori inglesi ha lasciato Victoria per darci la caccia.

— Che Sandokan li abbia incontrati?

— Avremmo udito il cannone e poi Sandokan non è un uomo da lasciarsi sorprendere, specialmente con la nave che possiede. Vedo laggiù delle scorie accese alzarsi.

— È il Re del Mare! Signor Horward, caricate le valvole!

La barcaccia, che era davvero una buona camminatrice, si avanzava sempre più rapida sul tenebroso mare, lasciandosi a poppa una scia che talvolta diventava luminosa per effetto d’un principio di fosforescenza.

Ad un tratto una massa enorme, che scivolava sulle acque con un sordo fragore, comparve dinanzi alla scialuppa a vapore sbarrandole la via, mentre una voce formidabile gridava:

— Puntate il pezzo di prua!

— Alt! — aveva comandato prontamente Yanez. — Ehi, Sandokan, cala la scala, sono le Tigri di Mompracem che tornano!

La barcaccia, che aveva rallentato il cammino, abbordò l’enorme nave presso l’anca di tribordo, sotto la scala che era stata abbassata d’un colpo solo.



III.


Un combattimento terribile.


Sandokan e Surama attendevano sulla cima della gradinata.

Alcuni uomini dalla tinta olivastra, che indossavano le bianche divise della marina da guerra, illuminavano la scala con delle grosse lanterne.