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il re del mare 167

— Siete ammirabili voi altri, signor Yanez.

— Siamo abituati a correre tutti i rischi — rispose il portoghese. — D’altronde anche voi americani avete nelle vene del buon sangue.

— Oh!

Una voce che era partita dal praho o dalla scialuppa, poichè l’oscurità non permetteva ancora di ben distinguere che cosa fosse, aveva gridato:

— Chi vive?...

— Amici che vanno a rifornire di viveri il forte di Macrae — rispose Yanez.

— Abbiamo l’ordine di proibire lo sbarco a tutti fino all’alba.

— Chi ha dato quest’ordine?

— Il capitano Moreland, che si trova nel fortino in attesa che la sua nave si sia rifornita di carbone.

— Aspetteremo l’alba presso di voi — rispose Yanez.

Poi, volgendosi verso il macchinista americano ed a Sambigliong che gli stava presso, disse a mezza voce:

— Non sapevo che vi fosse una nave in queste acque. Il capitano Moreland! Chi sarà costui?

— Qualche inglese ai servigi del rajah di Sarawack, senza dubbio — rispose l’americano.

— Priveremo la nave del suo capo — disse Sambigliong. — Lo faremo prigioniero assieme alla guarnigione del fortino.

— Adagio, mio caro — disse Yanez. — Vi possono essere in quel fortino più uomini di quello che crediamo e noi dobbiamo giuocare d’astuzia. D’altronde nulla sospetteranno, ora che abbiamo fermata la scialuppa che era incaricata di approvvigionarlo.

— Una vera fortuna, signor Yanez — disse l’americano.

— Non dico il contrario... Là, vedete se mi ero ingannato? È una scialuppa a vapore e non già un praho. Ragazzi, tenetevi pronti.

— Accostate — gridò in quel momento una voce rauca — o vi scarico addosso un po’ di mitraglia!

— E assassinereste dei camerati — rispose Yanez. — Vi avverto intanto che io sono un ufficiale del rajah e non un dayaco.

L’uomo che aveva formulata quella minaccia brontolò qualche parola che non giunse fino a Yanez.

La scialuppa a vapore era ormai tanto vicina da distinguerla benissimo, essendo illuminata da un grosso fanale di marina appeso sulla cima del fumaiolo.