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il re del mare | 13 |
fortunato, aveva ripresa la rotta verso la Marianna spinto dalla brezza che aumentava col calar del sole e ben presto si trovò nelle sue acque.
L’uomo che lo guidava era un giovane sulla trentina, dalla pelle giallastra, ed i lineamenti quasi europei, come se fosse nato da un incrocio di due razze, la caucasica e la malese; di statura piuttosto bassa e assai membruto, aveva il corpo avvolto in brandelli di tela bianca che gli fasciavano strettamente le braccia e le gambe e che apparivano qua e là macchiati di sangue.
— Che l’abbiano ferito? — si chiese Yanez. — Quel meticcio mi sembra assai sofferente. Ohè, gettate una scala e preparate qualche cordiale.
Mentre i suoi marinai eseguivano quegli ordini, il piccolo canotto, con un’ultima bordata, giunse sotto il fianco di tribordo del veliero.
— Sali presto! — gridò Yanez.
Il fattore di Tremal-Naik legò la piccola imbarcazione a una corda che gli era stata gettata, ammainò la vela, poi salì quasi con fatica la scala, comparendo sulla tolda.
Un grido di sorpresa ed insieme d’orrore era sfuggito al portoghese.
Tutto il corpo di quel disgraziato appariva crivellato come se avesse ricevuto parecchie scariche di pallini e da quelle innumerevoli, quantunque piccolissime ferite, uscivano goccioline di sangue.
— Per Giove! — esclamò Yanez, facendo un gesto di ribrezzo. — Chi ti ha conciato in questo modo, mio povero Tangusa?
— Le formiche bianche, signor Yanez — rispose il malese con voce strozzata, facendo un’orribile smorfia strappatagli dal dolore acuto che lo tormentava.
— Le formiche bianche! — esclamò il portoghese. — Chi ti ha coperto il corpo di quei crudeli insetti così avidi di carne?
— I dayachi, signor Yanez.
— Ah! Miserabili! Passa nell’infermeria e fatti medicare, poi riprenderemo la conversazione. Dimmi solamente per ora se Tremal-Naik e Darma corrono un pericolo imminente.
— Il padrone ha formato un piccolo corpo di malesi e tenta di far fronte ai dayachi.
— Va bene, mettiti nelle mani di Kibatany, che è un uomo che si intende di ferite, poi mi manderai a chiamare, mio povero Tangusa. Pel momento ho altro da fare.