Pagina:Il Re del Mare.djvu/161


il re del mare 157

lasciandosi dietro una scia fosforescente. Il mare, saturo di nottiluche, luccicava sotto i colpi dei remi come se dei getti di zolfo fuso scorressero sotto la scialuppa. Yanez aveva fatto abbassare la scala.

Dieci minuti dopo l’imbarcazione abbordava la grossa nave e i due americani salivano frettolosamente.

— Dunque? — chiesero ad una voce Yanez e il comandante.

— Siamo riusciti al di là delle nostre speranze, signori — rispose uno dei due.

— Sbrigati a spiegarti, Tom — disse lo yankee. — Sai dove sono state condotte quelle persone?

— Sì, capitano. L’ho saputo da un nostro compatriotta che montava quella scialuppa a vapore di cui vi ha parlato il signore — disse accennando a Yanez.

— Si è fermata a Labuan quella scialuppa? — chiese il portoghese.

— Solo pochi minuti per rinnovare la provvista di carbone e per sbarcare quel nostro compatriotta a cui una palla aveva spezzato un braccio — rispose il marinaio. — Mi disse quell’uomo che a bordo vi era un indiano, una fanciulla e cinque malesi.

— E dove li hanno condotti?

— A Redjang, nel fortino di Sambulu.

— Nel sultanato di Sarawack! — esclamò Sandokan. — Allora è stato quel rajah che li ha fatti rapire?

— No, signore. Il nostro compatriotta ci ha detto che è stato un uomo che si fa chiamare il «Re del Mare», ma che sembra abbia l’appoggio, più o meno velato, del governatore di Labuan e del rajah.

— Non sa chi è costui? — chiese Yanez.

— Lui stesso lo ignora, non avendolo mai veduto. Ma ha tuttavia assicurato che quell’uomo è potente e che è amico del rajah — disse il marinaio.

Si volse verso il comandante americano:

— Volete sbarcare qui? — gli chiese.

— Preferirei qui piuttosto che su di un’altra costa.

— Non avrete dei fastidi da parte degl’Inglesi, dopo quello che avete fatto?

— Nessuno mi conosce, signore, e poi sono suddito americano e gl’Inglesi non oseranno molestarmi. D’altronde inventerò