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il re del mare 139

— Da Ternate ho telegrafato ai costruttori e mi hanno incaricato di offrirla al rajah di Sarawack o a qualche sultano. Signor de Gomera, vorreste acquistarla? Con questa voi potreste diventare il re del mare.

— Quanto si pretenderebbe? — chiese Yanez.

— Gli affari sono affari, signore — disse l’americano. — I costruttori chiedono cinquantamila sterline.

— Ed io, signor Brien, ne offro sessantamila, pagabili sul banco di Pontianak, a condizione che mi lasciate il personale di macchina a cui offrirò doppia paga.

— Sono gente che non rifiuterà, avventurieri della più bella razza, pronti a chiudere ed aprire una valvola ed a sparare il fucile.

— Accettate?

By God! È un affare d’oro, signor de Gomera, e non me lo lascerò sfuggire.

— Dove volete sbarcare col vostro equipaggio?

— A Labuan possibilmente, per prendere il postale che va a Scianghai, da cui troveremo facile imbarco per San Francisco.

— Quando saremo a Mompracem farò mettere a vostra disposizione un praho onde vi sbarchi in quell’isola — disse Yanez.

Estrasse un libriccino che teneva gelosamente nascosto in una fascia che portava sotto la camicia, si fece dare una penna e appose delle firme su diversi biglietti.

— Ecco degli chèques per sessantamila sterline, pagabili a vista sul banco di Pontianak, dove io e Sandokan abbiamo in deposito tre milioni di fiorini. Signor Brien, da questo momento la nave è mia e ne assumo il comando.

— Ed io, signor de Gomera, da comandante divento un pacifico passeggero — disse l’americano, raccogliendo gli chèques. — Signor de Gomera, visitiamo la nave.

— Non occorre, mi è bastato uno sguardo per giudicarla. Solo desidero conoscere il numero delle bocche da fuoco.

— Quattordici pezzi, fra cui quattro da trentasei: un’artiglieria assolutamente formidabile.

— Mi basta: devo occuparmi del «pellegrino». O egli mi dice dove la scialuppa ha condotto Tremal-Naik e Darma; o lo martirizzo fino a che esalerà l’ultimo respiro.

— Conosco un mezzo infallibile per costringerlo a parlare, l’ho appreso dai nostri Pellerossa — disse l’americano. — Sempre la rotta su Mompracem, signor de Gomera?