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120 | emilio salgari |
avrebbero approfittato di quell’abbondanza, dal momento che gli assediati si mantenevano tranquilli?
E gli uomini cadevano, come fulminati, pieni da scoppiare, intorno ai vasi, mentre le fiamme si alzavano altissime facendo piovere su di loro una pioggia di scintille.
Il bengalow era tutto in fuoco e le tettoie, piene di provviste, ardevano come zolfanelli, illuminando i bevitori.
Era il momento di andarsene. I dayachi non si ricordavano forse di non aver più dinanzi il nemico, tanto la loro ubbriachezza era stata rapida.
— In ritirata! — comandò Yanez. — Abbandonate tutto fuorchè le carabine, le munizioni ed i parang.
Aiutando i feriti, lasciarono silenziosamente la palizzata, attraversarono la cinta e si slanciarono a corsa sfrenata attraverso la pianura, preceduti da Tremal-Naik e da Kammamuri che cavalcavano a fianco di Darma.
La tigre li seguiva spiccando salti immensi, spaventata dalla luce dell’incendio che diventava sempre più intensa.
Raggiunto il margine della boscaglia che si estendeva verso ponente, il drappello che si componeva di trentanove persone compresi sette feriti, s’arrestò per prendere fiato e anche per osservare ciò che succedeva nel kampong e negli accampamenti dei dayachi.
La fattoria pareva una fornace. Il bengalow, che era costato tante fatiche al suo proprietario, ardeva dalla base alla cima come una fiaccola immensa, lanciando in aria fitte nubi di fumo e sprazzi di scintille.
Le cinte avevano pure preso fuoco e rovinavano assieme alle terrazze. Si udivano gli scoppi delle spingarde che erano state abbandonate ancora cariche.
Degli uomini s’aggiravano affannosamente trascinando i guerrieri che si erano ubbriacati e che correvano il pericolo di essere bruciati accanto ai vasi di bram.
Il «pellegrino» doveva aver tenuto alcuni drappelli di riserva per appoggiare le colonne d’assalto nel caso che non fossero riuscite a penetrare nel kampong e non udendo più nè spari nè grida di guerra, erano certamente accorsi per vedere che cosa era successo dei loro compagni.
— Che l’inferno bruci tutte quelle canaglie! — disse Yanez inforcando uno dei quattro cavalli che gli era stato condotto da Tangusa. — Solo mi spiace andarmene senza aver potuto mettere