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118 | emilio salgari |
pong e da tutti approvato senza obbiezioni. D’altronde, non vi era nessuno che non fosse disposto a fare un supremo tentativo per liberarsi da quell’assedio che cominciava a pesare e demoralizzare la piccola guarnigione.
I preparativi furono cominciati. Le spingarde vennero ritirate e piazzate dietro la palizzata interna, su terrazze frettolosamente costruite, essendo la fattoria fornita di legname; poi le cantine furono vuotate portando tutto il bram nel cortile che si estendeva dinanzi al bengalow.
Vi erano più di ottanta vasi, della capacità di due e anche tre ettolitri ciascuno; tanto liquore da ubbriacare un esercito, essendo quella mistura fermentata, di riso, di zucchero e di succhi di palme diverse, eccessivamente alcoolica.
Verso il tramonto, la guarnigione abbattè una parte della cinta e dopo aver isolate le terrazze, le incendiò per meglio attirare i dayachi e far loro credere che il fuoco fosse scoppiato nel kampong.
Terminati quei diversi preparativi e preparate delle cataste di legna sotto le tettoie e nelle stanze terrene del bengalow abbondantemente innaffiate di resine e di caucciù onde ardessero immediatamente, la guarnigione si ritrasse dietro la palizzata, in attesa del nemico.
Come Yanez aveva preveduto, gli assedianti, attratti dai bagliori dell’incendio che divorava le terrazze contro cui si erano fino allora infranti i loro sforzi e fors’anche avvertiti dai loro avamposti celati sotto gli arbusti spinosi che le cinte erano state sfondate, non avevano indugiato a lasciare i loro accampamenti per muovere ad un ultimo assalto.
Presa fra il fuoco ed i kampilang, la guarnigione del kampong non doveva tardare ad arrendersi.
Calavano le tenebre quando le sentinelle, che vegliavano sui due angoli posteriori della fattoria, annunciarono il nemico.
I dayachi avevano formato sei piccole colonne d’assalto e si avanzavano di corsa, mandando clamori assordanti. Si tenevano ormai certi della vittoria. Quando Yanez li vide entrare fra gli arbusti, fece dare fuoco alle cataste di legna accumulate sotto le tettoie e nelle stanze del bengalow; poi, appena vide che i suoi uomini erano in salvo, fece tuonare le spingarde per simulare una disperata difesa.
I dayachi erano allora davanti alle cinte. Vedendole in parte abbattute ebbero un momento di esitazione temendo qualche agguato, poi passarono correndo sotto le terrazze che finivano di ar-