Pagina:Il Re del Mare.djvu/120

116 emilio salgari

Ridiscese visibilmente soddisfatto e trovò Tremal-Naik e Kammamuri nel salotto, che stavano vuotando alcune tazze di tè.

— Hai trovato qualche buona idea che ci permetta di andarcene? — chiese rivolgendosi al padre della fanciulla.

— Ho tormentato invano tutta la notte il mio cervello — rispose Tremal-Naik che sembrava assai abbattuto. — Non vi sarebbe che un solo tentativo da fare, un tentativo disperato.

— Quale?

— Di aprirci il passo attraverso le file degli assedianti, coi parang in pugno.

— E farci probabilmente massacrare, — rispose Yanez. — Trenta contro trecento, avendo ormai dieci o dodici uomini feriti, che non varranno gran che in una lotta corpo a corpo; brutto affare.

— Non ho trovato altro di meglio.

— Di quanti vasi di bram disponi? — chiese bruscamente Yanez.

— A che cosa potrebbe servirci quel liquore? — chiesero ad una voce Tremal-Naik e Kammamuri guardandolo con sorpresa.

— Per farci scappare, amici miei.

— Scherzi, Yanez.

— No, Tremal-Naik. D’altronde il momento sarebbe male scelto. Sei ben provvisto?

— Le mie cantine sono piene, provvedendo io tutte le tribù dei dintorni.

— I dayachi sono buoni bevitori, vero?

— Come tutti i popoli selvaggi.

— Se trovassero sui loro passi un centinaio di vasi di quel liquore a loro disposizione, credi tu che si fermerebbero per vuotarli?

— Non glielo impedirebbe nemmeno il cannone — rispose Tremal-Naik.

— Allora, miei cari amici, il «pellegrino» è giocato — disse Yanez.

— Non ti comprendiamo.

— Il kampong è diviso in due alla palizzata interna?

— Sì, l’ho fatto appositamente costruire per opporre maggiore resistenza nel caso che il nemico avesse potuto forzare la saracinesca — rispose Tremal-Naik.

— L’idea è stata buona, amico mio, e ci servirà magnificamente in questo momento. Noi concentreremo tutte le nostre di-