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rie anche nel Bengala. Vorrei invece sapere come potremmo noi fuggire, con gli assedianti alle costole.

— Il mezzo lo troveremo. Si dice che la notte porti consiglio. Già che i dayachi ci lasciano un momento tranquilli, andiamo a riposare. Sambigliong s’incaricherà di disporre gli uomini di guardia. Chissà che domani il mio cervello non abbia trovato qualche buona idea.

Certi che gli assedianti, con la terribile batosta ricevuta, non sarebbero tornati alla riscossa, i tre uomini, che erano stanchissimi, si ritrassero nelle loro stanze non certo lieti, specialmente il portoghese e Tremal-Naik, della brutta piega che prendevano le cose.

La notte passò tranquilla. I dayachi, scoraggiati e anche addolorati per le gravi perdite subite, non avevano più osato lasciare i loro accampamenti che dovevano rigurgitare di feriti.

Gli uomini di guardia del kampong udirono fino all’alba rullare i tamburoni ed i lamenti dei parenti dei morti rimasti nei fossati delle cinte, che nessuno aveva levati di là.

Al mattino seguente Yanez, che aveva dormito male e pochissimo, angosciato dalle tristi notizie recate dal maharatto, era già in piedi prima ancora che il sole fosse spuntato all’orizzonte.

Pareva che fosse tormentato da qualche idea, perchè, invece di scendere nella sala per farsi servire il tè, come faceva tutte le mattine, raggiunse il terrazzo su cui esisteva ancora un pezzo della torretta di legno, che le artiglierie nemiche avevano demolito e di lassù si mise ad osservare attentamente le cinte e la disposizione interna del kampong.

La fattoria formava un vasto parallelogramma, tagliato a metà dal bengalow e dalle tettoie e da una palizzata in modo da poter dividere la difesa.

La prima parte, dove trovavasi la saracinesca, comprendeva i fabbricati in muratura; la seconda le aie e le abitazioni della servitù e dei campieri ed i recinti degli animali. Fu quella disposizione, prima non attentamente notata, che colpì il portoghese.

— Per Giove! — mormorò, stropicciandosi allegramente le mani. — Ciò si presta meravigliosamente al mio progetto. Tutto dipende dalla provvista delle cantine del mio amico Tremal-Naik. Se il bram abbonda, il colpo è fatto. I dayachi non sono meno golosi dei negri; e anche su loro i forti liquori esercitano un fascino irresistibile. Cane d’un «pellegrino»! Ti preparerò un tiro da maestro.