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108 | emilio salgari |
garde, un uomo si era slanciato sulla terrazza, muovendo rapidamente verso Yanez e Tremal-Naik.
Era anche quello un bel tipo di indiano di circa quarant’anni, meno alto di Tremal-Naik ed invece più membruto, dalla pelle abbronzata con certi riflessi dell’ottone, che spiccava vivamente sul suo vestito bianco, cogli occhi nerissimi e fieri ed i lineamenti fini ad un tempo ed energici.
Vedendolo, Yanez aveva mandato un grido di gioia:
— Kammamuri!
— Il mio bravo maharatto! — aveva esclamato dal canto suo Tremal-Naik.
— Arrivo troppo tardi — rispose il nuovo arrivato, — è vero?
— In tempo per vedere i talloni dei dayachi — rispose Tremal-Naik.
— Sei salito in questo momento? — chiese il portoghese.
— Sì, signor Yanez, ed è stato un vero miracolo se i vostri uomini non mi hanno ucciso. Mi arrampicavo sulla fune e proprio nel momento che tiravano una bordata di chiodi.
— Sei stato a Mompracem?
— Sì, signor Yanez.
— Dunque hai veduto la Tigre della Malesia?
— L’ho lasciata sette giorni or sono.
— Sei giunto solo?
— Solo, signor Yanez.
— Non hai condotto alcun rinforzo?
— No.
— Vai a rifocillarti, che devi essere stremato dalle privazioni. Fra poco noi saremo da te — disse Tremal-Naik. — Yanez, diamo gli ultimi colpi ai fuggiaschi e tu, Darma — gridò, volgendosi verso la tigre da lui chiamata, come sappiamo, con tal nome dato poi anche a sua figlia, — lascia quell’uomo e vattene in cucina.
XII.
Dieci minuti dopo Yanez e Tremal-Naik, assicuratisi che i dayachi avevano sgombrato anche la zona alberata e che tutti si erano ripiegati sui loro accampamenti; certi di non venire più di-