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aprirsi un varco che permettesse loro di montare liberamente all’assalto della cinta.

Tutto il loro sforzo si era concentrato verso la saracinesca, che ormai conoscevano. Era quello il punto più solido del kampong, ma anche quello che offriva maggiori probabilità di poter invadere la fattoria. Alcuni drappelli si erano muniti di travi pesanti per servirsene come di arieti e sfondare i panconi della cinta.

Yanez e Tremal-Naik, comprendendo che stavano per giuocare la loro ultima carta, avevano fatti accorrere tutti i servi del kampong con i pentoloni colmi di caucciù. Quel liquido terribile, ancora una volta, poteva rendere maggiori servigi che le armi da fuoco.

I dayachi, che massacravano rapidamente gli arbusti spinosi, giungevano. Un drappello dopo essersi aperto un largo sentiero, sbucò sotto la cinta ed assalì risolutamente la saracinesca percuotendola poderosamente con un tronco d’albero spinto innanzi da trenta o quaranta braccia.

Una pioggia di caucciù bollente che cadde sulle loro teste, bruciando ad un tempo i loro capelli e la cotenna, li costrinse ad abbandonare precipitosamente l’impresa.

Un altro non ebbe miglior fortuna; ma giungeva il grosso, che la mitraglia delle spingarde non era riuscita a trattenere.

Due o trecento uomini, resi furibondi dall’ostinata resistenza che opponevano gli assediati, si rovesciarono contro la cinta appoggiando ai parapetti delle grosse canne di bambù per dare la scalata alle terrazze. Alle grida di Yanez e di Tremal-Naik, tutti gli uomini del kampong erano accorsi da quella parte, non lasciando che pochi artiglieri alle spingarde.

Avevano gettate le carabine, diventate quasi inutili con quell’acquazzone che non cessava ancora, ed avevano impugnati i parang, armi non meno pesanti e non meno taglienti dei kampilang dei dayachi.

Gli assalitori, nonostante gli spruzzi abbondanti del liquido infernale, montavano intrepidamente all’attacco con un coraggio disperato, mandando clamori orribili.

I primi che giungono sui parapetti rotolano nel fossato sottostante con le mani tagliate o la testa spaccata, ma altri ne sopraggiungono menando formidabili colpi di kampilang per allontanare i difensori.

Si arrampicano come le scimmie, su per i bambù o balzandosi