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104 emilio salgari

Le spingarde, che come dicemmo erano state coperte a tempo con le tettoie, avevano cominciato a sparare furiosamente, falciando le cime degli arbusti spinosi prima che la mitraglia cadesse sulla pianura.

Anche i difensori del kampong che non erano occupati al servizio delle bocche da fuoco sparavano come meglio potevano, rannicchiati dietro ai parapetti; ma l’acqua che cadeva era tanta e tanta che il più delle volte le carabine facevano cilecca.

La bufera rendeva la difesa estremamente difficile con le armi da fuoco; e non accennava a calmarsi, anzi! È vero che non doveva durare molto; gli uragani che scoppiano in quelle regioni acquistano una intensità spaventevole, di cui non possiamo farci un’idea, ma ordinariamente non si prolungano al di là d’una mezz’ora.

Anzi talvolta cessano dopo pochi minuti. Che furia però in quel brevissimo tempo! Pare che l’universo intero vada a catafascio o che un incendio immenso lo divori, nonostante le trombe d’acqua che si rovesciano dal cielo.

La nube nera pareva che fosse diventata di fuoco e che tutti i venti si fossero concentrati sulla pianura stendendosi intorno al kampong di Tremal-Naik.

Gli alberi si torcevano come fossero dei semplici fuscelli; i giganteschi durion, che pareva dovessero sfidare le più tremende convulsioni terrestri e celesti, rovinavano al suolo sradicati da quelle raffiche irresistibili; i poderosi pombi si spogliavano rapidamente dei loro rami; le gigantesche foglie delle palme e dei banani volavano per l’aria come mostruosi volatili.

Acqua, vento e fuoco si mescolavano gareggiando di violenza, mentre in alto, sulla cima della cupola fiammeggiante, i tuoni facevano udire la poderosa voce della tempesta, soffocando completamente i rombi dei mirim, dei lila e delle spingarde.

I difensori del kampong, quantunque accecati dai lampi e affogati sotto quei getti d’acqua colossali, non si smarrivano d’animo e mantenevano il loro fuoco vivissimo mitragliando le orde selvagge che si avanzavano mescendo le loro urla ai tuoni del cielo.

— Non arrestatevi! — gridavano senza posa Yanez, Tremal-Naik e Sambigliong, che si trovavano sotto la tettoia che riparava la spingarda della saracinesca.

I dayachi, che non subivano grosse perdite, non marciando più in colonna, ben presto giunsero sotto le piante spinose, che si misero a sciabolare furiosamente coi loro pesanti kampilang, per