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il re del mare 103

Tutti erano un po’ nervosi e preoccupati. Quel silenzio che regnava negli accampamenti dei dayachi, produceva su di loro maggior impressione che un fuoco violentissimo.

— Preferirei un attacco furioso, a questa calma — disse Yanez che fumava rabbiosamente un cortado masticandone la punta. — Che si avanzino strisciando come serpenti?

— È probabile — rispose Tremal-Naik. — Non si faranno vivi che quando avranno attraversata la pianura e saranno giunti sotto le piante.

— O che aspettino l’uragano per rendere meno efficaci le nostre carabine? Quando qui piove, è un diluvio che si rovescia.

— Il caucciù li calmerà e surrogherà le palle. Tutti i vasi disponibili sono al fuoco.

L’uragano intanto si addensava. Qualche soffio d’aria giungeva facendo curvare le cime degli arbusti spinosi con mille fruscii; verso il sud tuonava e lampeggiava. La gran voce della tempesta suonava la carica.

Ad un tratto un lampo immenso, simile a una enorme scimitarra, tagliò in due l’enorme nube gravida di pioggia, poi si seguirono dei fragori paurosi. Pareva che lassù, nella vôlta celeste, si fosse impegnato un duello fra grossi cannoni di marina o da costa e che dei carri carichi di lamine di ferro corressero all’impazzata su dei ponti metallici.

Quel fracasso durò due o tre minuti con grande accompagnamento di lampi, poi le cateratte del cielo si aprirono ed una vera tromba d’acqua si rovesciò furiosamente sulla pianura.

Quasi nel medesimo istante si udirono le sentinelle collocate agli angoli delle cinte gridare:

— All’armi! Ecco il nemico!

Yanez e Tremal-Naik, che si erano coricati sul parapetto, erano balzati in piedi.

— Alle spingarde! — aveva gridato il portoghese con voce tuonante.

Alla luce dei lampi, luce vivissima perchè era un bagliore continuo, con incessante accompagnamento di tuoni formidabili, si vedevano i dayachi attraversare la pianura a corsa sfrenata, a gruppi, a drappelli, con i loro giganteschi scudi alzati per proteggersi dai rovesci d’acqua.

Parevano demonî vomitati dall’inferno e l’illusione, con quel lampeggiare che proiettava sulla terra fasci di luce ora rossastra ed ora livida, ora cadaverica, era perfetta.