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nel principio del suo regno assaltò la Granata, e quella impresa fu il fondamento dello Stato suo. In prima ei la fece ozioso, e senza sospetto di essere impedito; tenne occupati in quella gli animi de’ Baroni di Castiglia, li quali pensando a quella guerra non pensavano ad innovare; e lui acquistava in questo mezzo riputazione ed imperio sopra di loro, che non se ne accorgevano. Potè nutrire, con danari della Chiesa e de’ popoli, gli eserciti, e fare un fondamento con quella guerra lunga alla milizia, la quale dipoi lo ha onorato. Oltra questo, per potere intraprender maggiori imprese, servendosi sempre della Religione, si volse a una pietosa crudeltà, cacciando e spogliando il suo Regno de’ Marrani; nè può essere questo esempio più mirabile, nè più raro. Assaltò sotto questo medesimo mantello l’Affrica, fece l’impresa d’Italia, ha ultimamente assaltato la Francia, e così sempre ordito cose grande, le quali sempre hanno tenuto sospesi ed ammirati gli animi de’ sudditi, ed occupati nell’evento di esse. E sono nate queste sue azioni in modo l’una dall’altra, che non hanno dato mai spazio agli uomini di quietare ed operargli contro.

Giova ancora assai a un Principe dare di sè esempi rari circa il governo di dentro, simili a quelli che si narrano di Messer Bernabò di Milano, quando si ha l’occasione di qualcuno che operi qualche cosa straordinaria o in bene o in male nella vita civile, e trovare un modo circa il premiarlo o punirlo, di che s’abbi a parlare assai. E soprattutto un Principe si debbe ingegnare dare di sè in ogni sua azione fama di grande ed eccellente. È ancora stimato un Principe quando egli è vero amico, o vero nimico, cioè quando senza alcun rispetto si