molti modi e con facilità si raffrena. Abietto lo fa l’esser tenuto vario, leggiero, effeminato, pusillanimo, irresoluto; di che un Principe si deve guardare come da uno scoglio, ed ingegnarsi che nelle azioni sue si riconosca grandezza, animosità, gravità, fortezza; e, circa i maneggi privati de’ sudditi, volere che la sua sentenzia sia irrevocabile, e si mantenga in tale opinione, che alcuno non pensi nè ad ingannarlo, nè ad aggirarlo. Quel Principe che dà di sè questa opinione, è riputato assai; e contro a chi è riputato assai con difficultà si congiura, e con difficultà è assaltato, purchè si intenda che sia eccellente e reverito da’ suoi. Perchè un Principe deve avere due paure: una dentro per conto de’ sudditi; l’altra di fuori per conto de’ potenti esterni. Da questa si difende con le buone arme e buoni amici; e sempre, se arà buone arme, arà buoni amici; e sempre staranno ferme le cose di dentro, quando stieno ferme quelle di fuori, se già le non fossero perturbate da una congiura; e quando pure quelle di fuori movessero, se egli è ordinato, e vissuto come io ho detto, quando non si abbandoni, sosterrà ogni impeto, come dissi che fece Nabide Spartano. Ma circa i sudditi, quando le cose di fuori non muovino, s’ha a temere, che non congiurino segretamente; del che il Principe si assicura assai, fuggendo l’essere odiato e disprezzato, e tenendosi il popolo satisfatto di lui; il che è necessario conseguire, come di sopra si disse a lungo. Ed uno de’ più potenti rimedi che abbi un Principe contro le congiure, è non essere odiato o disprezzato dall’universale; perchè sempre chi congiura crede con la morte del Principe satisfare al popolo; ma quando ei creda offenderlo, non piglia animo a prendere si-