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lo mantiene quelli che sono nati Principi, ma molte volte fa gli uomini di privata fortuna salire a quel grado. E per contrario si vede, che quando i Principi hanno pensato più alle delicatezze, che all’arme, hanno perso lo Stato loro. E la prima cagione che ti fa perdere quello, è il disprezzare questa arte; e la cagione che te lo fa acquistare, è l’essere professo di questa arte. Francesco Sforza, per essere armato, diventò di privato Duca di Milano; e li figliuoli, per fuggire le fatiche e i disagi dell’arme, di Duchi diventarono privati. Perchè tra le altre cagioni di male, che ti arreca l’essere disarmato, ti fa disprezzare; la quale è una di quelle infamie, dalle quali il Principe si debbe guardare, come di sotto si dirà. Perchè da uno armato a un disarmato non è proporzione alcuna; e la ragione non vuole che chi è armato ubbidisca volentieri a chi è disarmato, e che il disarmato stia sicuro tra i servitori armati. Perchè essendo nell’uno sdegno, e nell’altro sospetto, non è possibile operino bene insieme. E però un Principe che della milizia non s’intende, oltre all’altre infelicità, come è detto, non può essere stimato da’ suoi soldati, nè fidarsi di loro.

Non debbe pertanto mai levare il pensiero da questo esercizio della guerra, e nella pace vi si deve più esercitare, che nella guerra; il che può fare in due modi, l’uno con l’opere, l’altro con la mente. E quanto all’opere, deve, oltre al tener bene ordinati ed esercitati li suoi, star sempre in sulle caccie, e mediante quelle assuefare il corpo a’ disagi, e parte imparare la natura de’ siti, e cognoscere come sorgono i monti, come imboccano le valli, come giacciono i piani, ed intendere la natura de’ fiumi e del-