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della poesia tragicomica. 363

trice, la sua divina voce nel manifesta: Facciamo l’uomo a immagine e similitudine nostra. Nel resto poi fu così vago del vedere imitare, che niuna cosa volle potesse l’uomo ottener se non imitando. Chi c’insegna di favellare? l’imitazione. Chi c’insegna di viver bene? l’imitazione. Come s’acquista l’umana felicità? col farsi simile a Dio. Quando le scienze discorrono intorno al vero, che altro fanno che mostrarci la strada d’esprimere e imitare coll’intelletto e con la lingua la cosa intesa, ritraendo, quasi pittore, o ’n carta o ’n voce la vera forma di lei? E se l’arti non imitassero la natura, come sarebbono elle nè perfette nè arti? Finalmente ogni cosa che opera e s’indrizza alla sua naturale e vera perfezione, in qualche modo è partecipe, qual più qual meno, dell’imitare. Non è dunque da maravigliarsi se l’imitazione diletta tanto, poichè per essa l’uomo impara di sapere, che è il primo desiderio, e ’l più caro diletto, e ’l più proprio dell’umana na-